Ed alla fine tanto tuonò che piovve. La legge contro lo
sfruttamento sessuale dei minori, la tanto attesa e sbandierata
legge "anti-pedofili", è in vigore. Il Parlamento
ha preso finalmente provvedimenti contro uno dei fenomeni più
orribili dei nostri tempi. L'iniziativa, tuttavia, ha portato
anche qualche preoccupazione al popolo di Internet, dal momento
che alcuni dei suoi articoli prendono espressamente in considerazione
la Rete.
La durezza della legge
Il provvedimento è duro: per reati di pedofilia verranno
comminati anni di carcere e pesanti multe. Si prevede la reclusione
per chi sfrutta o approfitta, in qualsiasi modo, della prostituzione
minorile e per chi, a qualsiasi titolo, ha a che fare con materiale
pornografico che includa minori. Anche gli organizzatori di viaggi
a fini sessuali, i famigerati "sex tour", verranno perseguiti
con durezza.
Sono stati messi a disposizione dell'autorità giudiziaria
alcuni strumenti specifici per fare fronte al fenomeno, dalle
intercettazioni telefoniche alla possibilità di allestire
su Internet siti trappola che servano ad attirare e smascherare
i pedofili che navigano per via telematica.
Gli incaricati delle indagini, per acquisire elementi utili all'inchiesta,
potranno procedere all'acquisto simulato di materiale pornografico
e partecipare alle relative attività di intermediazione,
nonché prendere parte alle iniziative di turismo sessuale.
Inoltre, il personale addetto può utilizzare indicazioni
di copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o
gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici,
ovvero per partecipare ad esse. Le disposizioni di questa legge
sono applicabili anche quando il fatto è commesso all'estero
da un cittadino italiano, o in danno di un cittadino italiano,
o da un cittadino straniero in concorso con un cittadino italiano.
Le larghe maglie della Rete
Focalizzando la nostra attenzione sugli aspetti telematici della
legge, notiamo che il legislatore ha voluto esplicitamente prendere
in considerazione Internet perché convinto, anche a seguito
di fatti specifici accertati dalla magistratura, che gli anelli
della pedofilia facciano un utilizzo intenso, durante la commissione
dei reati, delle autostrade telematiche. Tuttavia, già
durante la fase preparatoria della legge si erano levate voci
di protesta da parte degli utenti di Internet. La protesta più
riflessiva non era, sia chiaro, riferita alla possibilità
o meno di punire questi atti: mentre la pornografia "tradizionale",
fra maggiorenni consenzienti, può rientrare sotto l'ala
protettiva della libertà di espressione e delle norme costituzionali
che tutelano questo tipo di contenuti, i materiali telematici
aventi ad oggetto bambini sono ritenuti, da ogni ordinamento civile,
illeciti e al di fuori da ogni garanzia costituzionale. Il problema,
quindi, non è "se" punire e neppure "dove"
punire (Internet inclusa), ma "come" e soprattutto "dove"
intervenire, in particolare in Rete. Già introducendo il
progetto di legge l'On. Anna Maria Serafini, relatrice del provvedimento,
notava come "incontra molte difficoltà la possibilità
di intervenire con efficacia sulle reti telematiche - sia per
la tipologia dei servizi e dei siti disponibili sia per la rapidità
con la quale tali servizi sorgono e scompaiono dalla rete che
per la dimensione "immateriale" dei siti telematici
medesimi, che risultano quindi difficilmente rilevabili con gli
strumenti tradizionali".
Scelta rischiosa:
punire il consumo
Grande attenzione merita, allora, l'articolo 3, dedicato alla
pornografia minorile e contenente un esplicito riferimento alla
telematica. Detto in breve, vengono puniti dalla legge lo sfruttamento
di minori di 18 anni per la realizzazione di materiale pornografico,
per il commercio del materiale stesso (da 6 a 12 anni di reclusione
e multa da 50 a 500 milioni di lire), nonché per la distribuzione
o divulgazione, anche per via telematica, di notizie o informazioni
finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori
(da 1 a 5 anni di reclusione e multa da 5 a 100 milioni). Ma non
solo: viene punito chi distribuisce, divulga o pubblicizzi, anche
per via telematica, o cede anche a titolo gratuito, materiale
pornografico prodotto con lo sfruttamento di minori: da 1 a 5
anni di reclusione e multa da 5 a 100 milioni nel primo caso;
fino a 3 anni di reclusione o multa da 3 a 10 milioni nel secondo.
Questo significa che comportamenti molto diffusi in Internet (acquisto
su siti commerciali di materiale pornografico su Cd-Rom e collezione
del materiale in casa, diffusione dello stesso agli amici, invio
di materiale reperito in Internet tramite posta elettronica ad
amici o conoscenti, messa a disposizione, su un sito, di materiale
pornografico, iscrizione a mailing list pornografiche e così
via), possono acquistare una nuova rilevanza giuridica per il
nostro ordinamento. Con l'articolo 4, infatti, si punisce anche
la semplice detenzione di materiale (il lato puro e semplice del
consumo), e chi consapevolmente si procuri o disponga di materiale
pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori
(fino a 3 anni di reclusione o multa non inferiore a lire 3 milioni).
Può essere facile, inoltre, cadere da questa fattispecie
nella precedente, trasformandosi da meri consumatori in attivi
promotori e distributori.
Sonni agitati per i provider
Numerosi timori vengono anche dalle associazioni dei provider,
preoccupate sia dalla possibilità di una responsabilità
quasi oggettiva del titolare nel caso di impossibilità
di controllo dei contenuti, sia della minaccia esplicita di interventi
sanzionatori. L'articolo 7 prevede infatti, in caso di condanna
per uno dei precedenti reati, che sia ordinata la confisca e disposta
la chiusura degli esercizi la cui attività risulti finalizzata
ai delitti previsti, nonché la revoca della licenza d'esercizio,
o della concessione, o dell'autorizzazione per le emittenti radio
televisive.
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