N. 14 del 1/10/1998

Stop alle luci rosse
di Giovanni Ziccardi


La legge antipedofili colpisce anche il consumo. Avviso ai naviganti

Ed alla fine tanto tuonò che piovve. La legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori, la tanto attesa e sbandierata legge "anti-pedofili", è in vigore. Il Parlamento ha preso finalmente provvedimenti contro uno dei fenomeni più orribili dei nostri tempi. L'iniziativa, tuttavia, ha portato anche qualche preoccupazione al popolo di Internet, dal momento che alcuni dei suoi articoli prendono espressamente in considerazione la Rete.

La durezza della legge

Il provvedimento è duro: per reati di pedofilia verranno comminati anni di carcere e pesanti multe. Si prevede la reclusione per chi sfrutta o approfitta, in qualsiasi modo, della prostituzione minorile e per chi, a qualsiasi titolo, ha a che fare con materiale pornografico che includa minori. Anche gli organizzatori di viaggi a fini sessuali, i famigerati "sex tour", verranno perseguiti con durezza.

Sono stati messi a disposizione dell'autorità giudiziaria alcuni strumenti specifici per fare fronte al fenomeno, dalle intercettazioni telefoniche alla possibilità di allestire su Internet siti trappola che servano ad attirare e smascherare i pedofili che navigano per via telematica.

Gli incaricati delle indagini, per acquisire elementi utili all'inchiesta, potranno procedere all'acquisto simulato di materiale pornografico e partecipare alle relative attività di intermediazione, nonché prendere parte alle iniziative di turismo sessuale. Inoltre, il personale addetto può utilizzare indicazioni di copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici, ovvero per partecipare ad esse. Le disposizioni di questa legge sono applicabili anche quando il fatto è commesso all'estero da un cittadino italiano, o in danno di un cittadino italiano, o da un cittadino straniero in concorso con un cittadino italiano.

Le larghe maglie della Rete

Focalizzando la nostra attenzione sugli aspetti telematici della legge, notiamo che il legislatore ha voluto esplicitamente prendere in considerazione Internet perché convinto, anche a seguito di fatti specifici accertati dalla magistratura, che gli anelli della pedofilia facciano un utilizzo intenso, durante la commissione dei reati, delle autostrade telematiche. Tuttavia, già durante la fase preparatoria della legge si erano levate voci di protesta da parte degli utenti di Internet. La protesta più riflessiva non era, sia chiaro, riferita alla possibilità o meno di punire questi atti: mentre la pornografia "tradizionale", fra maggiorenni consenzienti, può rientrare sotto l'ala protettiva della libertà di espressione e delle norme costituzionali che tutelano questo tipo di contenuti, i materiali telematici aventi ad oggetto bambini sono ritenuti, da ogni ordinamento civile, illeciti e al di fuori da ogni garanzia costituzionale. Il problema, quindi, non è "se" punire e neppure "dove" punire (Internet inclusa), ma "come" e soprattutto "dove" intervenire, in particolare in Rete. Già introducendo il progetto di legge l'On. Anna Maria Serafini, relatrice del provvedimento, notava come "incontra molte difficoltà la possibilità di intervenire con efficacia sulle reti telematiche - sia per la tipologia dei servizi e dei siti disponibili sia per la rapidità con la quale tali servizi sorgono e scompaiono dalla rete che per la dimensione "immateriale" dei siti telematici medesimi, che risultano quindi difficilmente rilevabili con gli strumenti tradizionali".

Scelta rischiosa: punire il consumo

Grande attenzione merita, allora, l'articolo 3, dedicato alla pornografia minorile e contenente un esplicito riferimento alla telematica. Detto in breve, vengono puniti dalla legge lo sfruttamento di minori di 18 anni per la realizzazione di materiale pornografico, per il commercio del materiale stesso (da 6 a 12 anni di reclusione e multa da 50 a 500 milioni di lire), nonché per la distribuzione o divulgazione, anche per via telematica, di notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori (da 1 a 5 anni di reclusione e multa da 5 a 100 milioni). Ma non solo: viene punito chi distribuisce, divulga o pubblicizzi, anche per via telematica, o cede anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto con lo sfruttamento di minori: da 1 a 5 anni di reclusione e multa da 5 a 100 milioni nel primo caso; fino a 3 anni di reclusione o multa da 3 a 10 milioni nel secondo. Questo significa che comportamenti molto diffusi in Internet (acquisto su siti commerciali di materiale pornografico su Cd-Rom e collezione del materiale in casa, diffusione dello stesso agli amici, invio di materiale reperito in Internet tramite posta elettronica ad amici o conoscenti, messa a disposizione, su un sito, di materiale pornografico, iscrizione a mailing list pornografiche e così via), possono acquistare una nuova rilevanza giuridica per il nostro ordinamento. Con l'articolo 4, infatti, si punisce anche la semplice detenzione di materiale (il lato puro e semplice del consumo), e chi consapevolmente si procuri o disponga di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori (fino a 3 anni di reclusione o multa non inferiore a lire 3 milioni). Può essere facile, inoltre, cadere da questa fattispecie nella precedente, trasformandosi da meri consumatori in attivi promotori e distributori.

Sonni agitati per i provider

Numerosi timori vengono anche dalle associazioni dei provider, preoccupate sia dalla possibilità di una responsabilità quasi oggettiva del titolare nel caso di impossibilità di controllo dei contenuti, sia della minaccia esplicita di interventi sanzionatori. L'articolo 7 prevede infatti, in caso di condanna per uno dei precedenti reati, che sia ordinata la confisca e disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulti finalizzata ai delitti previsti, nonché la revoca della licenza d'esercizio, o della concessione, o dell'autorizzazione per le emittenti radio televisive.



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